mercoledì 18 settembre 2013

L'agosto prima di quel settembre

[Viaggio molto per lavoro,  poco nel privato. In passato mi mancavano i soldi, ora mi mancano il tempo e talora la compagnia. Inoltre, essendo spesso via per ragioni professionali, attribuisco grande importanza a periodi tranquilli anche vissuti stanzialmente, per esempio in quella Modena che il fatto di vivere a Torino colora ormai di una sorta di sobrio esotismo. Ragion per cui non sono nemmeno particolarmente interessata a viaggiare. Datemi un pezzo di mare, anche nostrano, e due telline, e io mi sento già in vacanza.
 
Ciò premesso, ho visto luoghi pazzeschi, fatto confronti un tantino ingiusti, imparato cose non sempre importanti, comprato oggetti futili che oggi riguardo con piacere e comunque goduto di momenti stupidamente deliziosi mentre ero "sparsa" per il mondo.
 
Potrei dirvi che il mio posto del cuore si trova in quell'angolo di città vecchia a Gerusalemme (2010) dove ho chiesto la grazia (concessa) per Tonino, o sul muretto a secco su cui mi sono seduta a contemplare  la rosa bellezza di Petra (2013) ... e sarebbe  altresì vero confessare che ho provato emozioni fortissime in quelle algide giornate di gennaio a Oslo quando per mano a Nicolaus esploravo la casa natale di Ibsen (2011) e poi a Reykjavík quando, trattenendo il fiato, solcavo in macchina le strade ghiacciate in direzione della Blue Lagoon (2012). Né ho mai dimenticato la microbica Ullapool (1997) con le enormi navi da crociera o le acque grigiastre dell'Elbe viste da casa Waschk a Oewelgoenne (1987)
 
Ma è in Provenza, così vicina, così lontana, che è successo tutto.
 
Ed è in Provenza che - ogni volta - il mio cuore batte e ribatte come latte dentro una bottiglia di vetro.
 
Per questo vi ritorno.
 
Per ricordare che, se sono stata così felice, allora posso esserlo ancora. E ancora. E ancora.
 
Questo carnet di viaggio è stato pubblicato per la prima volta sulla rivista "Grazia", nel 2002, nell'ambito di un concorso letterario sui Diari di Viaggio. Mi classificai seconda. I diari originali, due piccoli taccuini neri acquarellati, piacevano a mia madre, così glieli regalai.
 
Il testo contiene due sostanziali finzioni letterarie che non mancano mai di divertirmi. Ormai potrei svelarle ma un segreto, anche se innocuo, ha una sua preziosità, e tengo a conservarla.
 
C'è un particolare, inoltre, che mi fa tenerezza. Esistevano ancora i franchi!]
 
 
I diari, chiusi con una cordella,
così come li mandai a
"Grazia"
 
Prima o poi in Provenza
 
Torino, 5 agosto 2001
Saremmo dovute andare subito da Roseline. Io, a Clelia, l'avevo detto sin dall'inizio. Ma lei ha nicchiato. "Ci sono tanti posti lungo il percorso", ha ribattuto. "Mica vorrai perderli per finire a Fontaine de Vaucluse". Per carità, no. La  mia idea era piuttosto di stabilire una base - e che base! - da cui esplorare quella specie di coloratissima bouillabaisse che è la Provenza. Ma partire è più importante che discutere, così mi adeguo. Clelia ha un principio di raffreddore. Fa fuori dozzine di Kleenex e io mi preoccupo. Ma tant'è... A letto si va e al mattino...
 
Torino, 6 agosto 2001
... da vere viaggiatrici alla vigilia di una nuova, emozionante avventura, ci si sveglia alle 11.30!  Con il bagaglio da preparare, la strada da studiare, il naso di Clelia che ricorda una perina di San Giovanni tant'è rubizzo... Insomma, un disastro, tutto da fare. E la cosa brutta è che viaggeremo a bordo di una Smart, quindi poche storie: guardaroba al minimo. sul momento mi dispero: sono vanitosa. Poi, reagisco, ottimizzo. Tenuta da giorno: jeans scampanati con magliette assortite (piegate a rotolino nel trolley della Tourister: magico). Tenuta da sera: calzoni bianchi garzati con coulisse e canotte "avanti". A scanso di equivoci, infilo anche 2 abitini sottoveste. Non si sa mai. Stipo trucchi e altro  in un paio di trousse e... via, sono pronta. Notare che le scarpe all purpose sono le fidate Camper e che quelle by night sono un paio di sobrissime infradito nere birmane! Oh, beh, di meglio proprio non posso fare.
 
 
I miei vestitini!!!
 
 
Comunque alle 15.30 di un assolato 6 agosto torinese carichiamo la Smart e partiamo. Clelia detesta l'autostrada - non che io l'adori - così raggiungiamo Cuneo e di lì la Val Varaita. E' un paesaggio giocondo quello che ci muove incontro, e chiacchieriamo serene, Clelia del nuovo lavoro che sta cercando a Milano, io delle cento, mille cose da impostare dopo una sofferta ma necessaria separazione. La strada s'inerpica decisamente verso Colle dell'Agnello e poi si abbassa di colpo... Intorno alle 18.00 ci avventuriamo in quel di Guillestre, poco al di là del confine, dove facciamo il primo Bancomat in valuta e il pieno. siamo un po' stanche, così decidiamo di pernottare in quella sorta di borgo pseudotirolese invaso dai gerani. Guillestre, manco a dirlo, non ci piace, pertanto presumiamo che non piaccia sa nessuno. In realtà dovremo girare 4 alberghi (o erano gerontocomi?) prima di aggiudicarci una quadrupla spacciata per doppia con i lampadari di pizzo stile sala da pranzo e le toiletries con su scritto "A Touch of Charm". Il WC è separato dal bagno, cosa che rende la pipì una faccenda terribilmente triste. Ci rinfreschiamo in fretta e furia, con un incolpevole controfiletto annegato nella panna e un orribile vinaccio acidulo che il patron ci consiglia di gustare in tutta calma (il tutto per FF 335). Ci provi lui...
 
Guillestre, 7 agosto 2001
 Al risveglio, il lampadario di pizzo del nostro alloggetto Tiroler ci sprona al check out più veloce della storia. Saltiamo ovviamente la colazione (la sala da pranzo rosa confetto non si affronta) e dietro pagamento di FF 410 riprendiamo velocemente la strada. Tanto charme, si sa, confonde... Confortate dai consigli della Lonely Planet, ci dirigiamo verso Digne in cerca di amenità e lavanda. Il viaggio si rivela piacevole, ma il raffreddore di Clelia conosce un'improvvisa recrudescenza e siamo costrette a cercare subito alloggio. Ce lo offre il modesto ma accogliente "Aiglon" (aiglon.hostellerie@free.fr) a Digne centro, dove per FF 355 ci conquistiamo una doppia d'angolo basic, ma dotata di 2 belle finestre, petit déjeuneur incluso. Clelia crolla sul letto, io pure visto che fa di nuovo caldo, e ogni esplorazione viene rimandata dopo le 17.00 quando, rinfrancate dal pisolino, ci fiondiamo all'Office du Tourisme per familiarizzare con la cosiddetta Route de la lavande. Scopriamo allora, con somma costernazione, che il Corso de la Lavande si è svolto il weekend precedente e che la lavanda - hélas - è stata tutta tagliata. Diavolo. Depresse, visitiamo comunque i dintorni, fissando i globi scuri e tosati della lavanda. Ci consoliamo con un pastis a Mézel e imbocchiamo quindi la Route Napoléon, in direzione di Castellane. Non abbiamo una meta, ci interessa la strada in sé, larga, sinuosa e giustamente famosa. Nei pressi di Barrême ceniamo all'aperto. E' una serata fresca, il vino si lascia bere, l'agnello aux fines herbes di Clelia odora di Ciociaria e la mia suprême di pollo in salsa al basilico è deliziosa. Ma è la crème brûlée a farci letteralmente impazzire. Facciamo il bis e, così riconciliate con la vita, torniamo all'"Aiglon". Il tempo di ammirare i fuochi d'artificio dalla finestra del bagno e ci sbrandiamo.

 

Digne, 8 agosto 2001
L'indomani il raffreddore di Clelia sembra quasi scomparso. L'entusiasmo ritorna e, dopo la delusione di Digne, decidiamo di spostarci verso il Mont Ventoux e di fare una capatina a Sault, altro centro di coltivazione della lavanda. D'accordo con Clelia, contatto finalmente Roseline Giorgis, artista e proprietaria della "Maison aux Fruits", una tenera chambres d'hôtes di Fontaine de Vaucluse, dove i miei soggiornano regolarmente di anno in anno coi loro amici più cari. Roseline, manco a dirlo, è diventata un'amica e la usa casa un rifugio fresco e gradito. La fortuna è dalla nostra, tant'è che ci aggiudichiamo una camera per due notti, 8 e 9 agosto. Wow! Galvanizzate, facciamo fagotto e raggiungiamo Sault. Intanto, piove. Ma che importa? Qui la lavanda sbuca ancora viola e rotonda alla terra rossa, mescolandosi all'origano selvatico nel profumare l'aria. Sostiamo a Sault per l'acquisto dei più cari sacchettini di lavanda che si possano trovare (FF 75 ma Clelia è tutta presa dal ricamino a mezzo punto che li fregia al centro), poi ci precipitiamo a Fontaine dove Roseline ci accoglie con calore. Perrier e pistacchi sulla sua bella terrazza in fiore e, più tardi, chiacchiere complici mentre lei stira le lenzuola per ogni ospite del giorno seguente. Le parlo del mio rapporto finito e Roseline sospira. "Ci sono passata anch'io", confida. "E ricominciare non è facile." Poi sorride. "D'altra parte", aggiunge con una scrollata di capo rapidissima e molto francese, "donne come noi non possono vivere senza passione". Io annuisco, folgorata da quelle semplici parole che mi fanno sentire per un attimo come l'eroina di uno dei tanti romanzi rosa che traduco.
 
 
Il negozietto blu lavanda
di Sault
 
 
A colpirmi è la semplicità, l'assoluta verità che esprimono. Passione, come farne senza? Eppure, per anni, ho creduto che serenità e benessere fossero sufficienti. Ma non lo sono... per fortuna. Comunque, mentre Roseline finisce di stirare, io e Clelia prendiamo possesso della folle camera che prospetta sulla terrazza. Il letto è giallo Provenza, con grandi cuscini matelassés. Un grandioso trompe-l'oeil agreste sostituisce la testiera mentre sulla destra, guardando dalla porta, conchiglie e biglie di vetro adornano la specchiera del lavabo, il piccolo armadio e le due ante di vetro smerigliato che celano la nicchia dell'idromassaggio. Ai piedi del letto, un'immensa vetrata vecchiotta, velata da tende veneziane e tralci di ficus, lascia filtrare la morbida luce dell'esterno. Come dice mamma, puro chic-kitsch georgisiano... Perché è proprio Roseline ad aver decorato ogni camera della "Maison aux Fruits" (giorgis@giorgis.com) Lo stabile è di per sé un capolavoro, con quella facciata stinta adorna di frutti in rilievo e le yucche che spuntano dai davanzali. Clelia, rapita, contempla anche l'ultimo pettine rosato prima di tuffarsi nella delirante vasca con idromassaggio che guarda... fuori! Quando ha finito, la provo io, poi m'infilo un abitino (finalmente!) e porto Clelia nella silenziosa Pernes. Al ristorante albergo "Margelle" (lamargelle@wanadoo.fr) gustiamo uno squisito foie gras in salsa bruna e una discreta grigliata per FF 490. Il giardino, con la bella pergola, è un amore. E pazienza se il cameriere orbo, per un'ora ci ignora, avendoci confuse con la verzura della fontanella...
 
Fontaine de Vaucluse, 9 agosto 2001
Il risveglio è lento e delizioso. La salute ci saluta tra i drappeggi della tenda, chiamandoci sulla terrazza che Roseline ha già approntato per la colazione. Tra ibischi rosa e improbabili bonsai di fichi, consumiamo una luta colazione a base di formaggi, marmellate casalinghe e macedonia, dopodiché facciamo una scappata nell'affollatissima Gordes. Il tempo di ammirare una borsa di paglia (a cui ahimè devo rinunciare in quanto più grande della Smart) e un paio di trapunte provenzali a fiorami, e ripariamo in riva alla Sorgue, il fiume che misteriosamente nasce a Fontaine (misteriosamente perché nessuno, nemmeno Cousteau, è mai riuscito a toccare il fondo della profondissima sorgente che ispirò a Petrarca le sue "chiare, fresche e dolci acque"): In un rigurgito di pazzia, andiamo in canoa fino all'Isle sur Sorgue. Arriviamo felici  ma stanche, così facciamo incetta di di formaggi e Sauternes e, col placet di Roseline, ceniamo in terrazza al lume di candela. Una serata tranquilla anche per Thelma e Louise.
 
Fontaine de Vaucluse, 10 agosto 2001
Ci svegliamo tardi e impigrite. Lasciare la "Maison aux Fruits" dispiace a entrambe ma salutiamo Roseline, saldando il ragionevolissimo conto (900 FF per 2 notti, colazione incluse) e riprendendo la strada. Ci dirigiamo verso sud, in Carmague, con l'intenzione di visitare Saintes Maries e la Salin de Giraud. Un vento stizzoso sferza la Smart fino alla costa. Lungo la strada ci fermiamo più volte a cercare alloggio ma invano. Ferragosto è vicino e questa zona di mare battutissima. A Saintes Maries, sorta di Riccione gitana, ci rivolgiamo come ultima risorsa all'Office du Tourisme. L'impiegato ci procura una camera in località Albaron. Il prezzo è modico e ci aspettiamo il peggio. Infatti, l'"Agachon" è quanto di più brutto ci sia capitato in questa vacanza. La stanzuccia trablocca di tessuti scadenti e moquette color can-che-fugge. But beggars can't be choosers, così buttiamo giù il bagaglio e fuggiamo alla Salin de Giraud. Il sale regala all'acqua surreali riflessi violacei, stormi di aironi e fenicotteri (bianchi perché solo quando si cibano di gamberetti, ora fuori stagione, assumono la caratteristica colorazione rosa) sgambettano tra le canne... Per ora, ripieghiamo sul ristorantino vietnamita di Saint Gilles.
 
L'Albaron, 11 agosto 2001
Il vento non dà tregua, così l'indomani saltiamo la spiaggia e facciamo una scappata nella deliziosa Aigües Mortes. Mangiamo le moules da "Coco" e, mentre paghiamo il conto (FF 130), sentiamo uno stuzzicante odorino di aglio dal tavolo vicino. Incuriosita, chiedo all'affannata proprietaria di che piatto si tratti. Ma lei è talmente presa da non afferrare. Io ripeto la domanda, sintetizzandola con "Cette odeur dans l'air...?" Al che lei sorride vagamente e, continuando a non capire, sentenzia: "Ah, oui, le basilique!". E via che se ne va, mentre io e Clelia scoppiamo a ridere. Il "basilique", chiaramente, diventerà il nostro mantra. Girelliamo fino al primo pomeriggio, poi ci concediamo un giro a cavallo. La Camargue è bella col sole che degrada all'orizzonte tra ciuffi di canne e grovigli di more... Per cena, scegliamo Arles, con la sua incongrua Arena. Il ristorante risulta caruccio, FF 506, ma l'aioli provenzale è un sogno, per non parlare della Marmite du Pecheur.
 
Tra Albaron e Torino, 12 agosto 2001
Ce la caviamo con poco all'"Agachon", FF 660 2 notti, ma "che brot post", come si dice a Modena. Tanto squallore addolcisce l'immancabile rientro, tutto in autostrada per ragioni di velocità.
Torino è più calda della Marmite du Pecheur, tuttavia non mi lamento. Questo viaggio dell'anima, che presto sarà cibo buono e prezioso per l'inverno,  mi ha fatto un gran bene. Perché la vita ha un modo tutto suo di ricordarti che è bella. Soprattutto, ricomincia di colpo e senza una ragione particolare. Può accadere dovunque e in qualsiasi momento. A me è successo tra i cari, vecchi muri della "Maison aux Fruits". Clelia, Roseline, grazie...
 
 
L'ultima pagina
del secondo carnet di viaggio.
 

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