venerdì 19 agosto 2016

Parole di un lontanissimo luglio

 
 
Agosto è per me un mese di quadrature.


Non vado in vacanza. Odio l’afa, odio la ressa, odio gli appuntamenti obbligati che associo alla mia vita precedente. Così me ne sto a Modena, tranquilla.

Chiudo il primo semestre lavorativo e mi preparo al secondo, che è in realtà più corto, un quadrimestre che mi porta – esaurita ma quasi sempre viva - al Natale. Consuntivo eventi, scrivo report, archivio mesi di corrispondenza, riorganizzo il guardaroba, spolvero (malvolentieri) la libreria, qualche volta dipingo e generalmente faccio un gran casino dappertutto, illudendomi però di riordinare.

Così ieri, quando ho riaperto la scatola color Manila che tengo a destra della barbotine con gli iris, certo non pensavo di rivivere un istante di lucida follia d’antan. Solo di stanare un po’ di polvere. Ma forse l’ho anche fatto… perché sono uscite queste parole di un lontanissimo luglio.

Come direbbe qualcuno, “scritte appena ieri”.

Il foulard

E per tutte le volte che ho taciuto,

esitando tra le pieghe del foulard a fiori

che tanto detestavi,

avrei dovuto dirti

che non era come pensavi,

che non lo sarebbe stato mai.

Non per qualcosa

che non avevo fatto io

ma per tutto ciò

che non eri né potevi

essere

tu.

Invece non l’ho mai detto,

non ho parlato,

e tu hai scambiato il mio silenzio

per quieta contentezza,

finché

un giorno,

a mia volta,

non ho scambiato io

te.

Col niente

(meraviglioso)

di un nuovo inizio.